“il mio punto di vista su una tematica che caratterizza la mia professione quotidianamente”.
La tematica del lavoro è molto delicata, e non si possono fare considerazioni ed affermazioni assolute valevoli per tutte le situazioni. Dal 2001, anno della mia Laurea, sono stata impiegata dapprima in un ufficio del personale di una media industria (250 dipendenti circa, settore metalmeccanico), in seguito dal 2007 mi sono spostata nel settore delle Agenzie per il Lavoro, inizialmente come selezionatrice, ora come commerciale.
In questi 20 anni sono sempre stata a contatto con il mondo del lavoro della provincia di Vercelli, dovendo selezionare per la mia azienda prima, ed in seguito per i miei clienti diverse figure professionali, dall’operaio all’impiegato (amministrativo o tecnico), dal creativo all’ingegnere.
Per scrivere questo articolo devo sforzarmi di uscire dall’operatività e dalla quotidianità delle mie mansioni e provare ad analizzare il susseguirsi di eventi e di situazioni vissute in questi ultimi anni, focalizzandomi su ciò che le aziende richiedono, ciò che il mercato offre e che la scuola dà ai ragazzi a livello di preparazione, le aspettative e gli stimoli di coloro che sono alla ricerca di un lavoro.
I media parlano in continuazione di alti livelli di disoccupazione, di persone che sempre più fanno fatica ad arrivare a fine mese, o di famiglie che sopravvivono soltanto grazie agli aiuti pubblici. Anche grazie alla mia attività in Amministrazione vedo più da vicino quanto questa affermazione sia veritiera: quante sono le famiglie per esempio santhiatesi che vengono aiutate dal Banco Solidale, o dalla Caritas, o dallo Sportello da Famiglia a Famiglia per il sostentamento quotidiano, e che riescono ad ottenere (grazie ai servizi dello Sportello Interazione Sociale) quelle agevolazioni fiscali e contributive messe a disposizione dallo Stato.
Detto ciò, vedo anche che le aziende del territorio sono alla continua ricerca di personale, e faticano a trovare i profili richiesti. E non me la sento di demonizzare le offerte di lavoro, come spesso leggo in articoli di giornale, sostenendo che i profili ricercati sono i classici “profili impossibili”.
Il problema è che nel mondo del lavoro (almeno del Vercellese) c’è scarsa rispondenza tra domanda e offerta di lavoro. Fino a 20 anni fa erano presenti sul nostro territorio aziende di grandi dimensioni, che assorbivano in quantità manodopera, per periodi di tempo medio lunghi, se non direttamente con rapporti a tempo indeterminato. Questo fabbisogno era soddisfatto sia dalla popolazione locale che da persone che nelle nostre zone si trasferivano appositamente per lavorare, specialmente operai metalmeccanici. Diciamo che l’indotto del settore automotive, caratteristico ora solo della prima cintura torinese, si spingeva fin nella nostra provincia.
Negli anni man mano queste grandi aziende hanno chiuso, o drasticamente ridotto il volume di lavoro, e non sono state sostituite da altrettante grandi realtà produttive. Sono rimaste sul territorio medie aziende, intorno ai 15 dipendenti, specializzate in produzioni o servizi un po’ più di nicchia; le aziende artigiane che si sono ingrandite arrivando ad avere 10/15 dipendenti sono molto poche; hanno resistito artigiani singoli, con magari uno o due dipendenti, che non impattano però in maniera significativa sui livelli occupazionali del territorio. Soltanto negli ultimi anni sono comparsi supermercati o punti vendita di grandi dimensioni facenti parte di catene nazionali o internazionali, ed ancora grandi magazzini logistici o che servono la GDO (grande distribuzione alimentare).
E dall’altra parte cosa è successo?
Chi ha perso il lavoro ma aveva in mano una professionalità ben specifica (elettricisti, saldatori, tubisti), si è ricollocato immediatamente; i giovani che stavano imparando una professione e che hanno avuto la forza di rimettersi in gioco, sono cresciuti e si sono ricollocati. Qualcuno ha cambiato strada, decidendo per esempio di investire tempo e denaro per conseguire la patente C per rivendersi su un altro mercato. Molti purtroppo non sono riusciti a trovare alternative lavorative, o non hanno capito che il mercato stava cambiando e che avrebbero dovuto, per arrivare alla pensione, accettare anche offerte brevi, a termine, certo completamente fuori dalla loro visione del mondo del lavoro, difficili da accettare per chi ha sempre e solo conosciuto rapporti a tempo indeterminato.
Oggi come oggi la ricerca dell’operaio generico non esiste praticamente più. Anche per un “semplice” operaio addetto al confezionamento viene richiesta la capacità di saper interagire con il macchinario industriale, di saper intervenire in caso di fermo macchina o guasto, di saper operare su un monitor PLC: insomma di aver studiato e far funzionare il cervello!
Sono ricercatissimi i profili professionali “artigianali” come l’elettricista o il saldatore: sono mestieri nei quali per essere autonomi bisogna studiare, e crescere lavorando, con impegno, costanza e sicuramente fatica. Ma è molto difficile trovare ragazzi giovani che stiano intraprendendo carriere simili: pare non ci si renda conto che nella vita toccherà lavorare per decenni, e più ci si costruisce una professionalità “blindata”, più preziosa, ricercata e insostituibile sarà la nostra figura. Il “lavoro facile” magari si trova, ma probabilmente sarà meno duraturo e più soggetto ad un depauperamento della paga oraria. Le scuole tecniche danno una preparazione fino ad un certo punto, poi o si va all’università o il mestiere lo si deve apprendere sul campo, ma di certo ciò non avviene dall’oggi al domani. Le mansioni senza specifiche conoscenze, sono certo più accessibili, ma questi lavoratori non sono percepiti dalle aziende come insostituibili, pertanto quando i contratti arrivano a scadenza e il datore di lavoro deve decidere se assumere a tempo indeterminato o sostituire la persona (anche le leggi degli ultimi anni qui non aiutano di certo – vedi Decreto Dignità!), spesso opta per la seconda ipotesi, non volendosi vincolare ad un lavoratore che magari convince poco a livello comportamentale, e di sicuro non ha alcun “plus” a livello lavorativo.
Di sicuro negli ultimi anni molti sono i NEET (Neither in Employment or in Education or Training), quelle persone che non solo sono disoccupate, ma che non sono nemmeno alla ricerca attiva di un lavoro né si stanno formando o riqualificando. Di ogni fascia d’età, uomini o donne, per la maggior parte italiani: ci hanno rinunciato e vivono di espedienti, di aiuti e sussidi. Queste persone difficilmente, anche qualora dovessero decidere di rimettersi alla ricerca di un’occupazione, riusciranno a trovarla con facilità, poiché hanno un CV scarno, pieno di “buchi” e lacune temporali. Non risulterebbero lavoratori appetibili per un’azienda.
Chi invece si è costruito un profilo professionale ragionato, attraverso gli studi o la qualificazione professionale ottenuta a livello personale, magari studiando le lingue a livello avanzato, o specializzandosi su programmi informatici particolari, arricchendo il proprio CV con master frequentati magari nel week end per non togliere spazio al lavoro… ecco questi saranno lavoratori che potranno permettersi di scegliere tra le diverse offerte che riceveranno, e magari dettare le regole ed ottenere determinate gratificazioni di carriera o economiche che per altri risulterebbero irraggiungibili.
Purtroppo effettuare la scelta della scuola superiore in terza media è oggi decisamente prematuro. Se si sceglie una scuola tecnica (scelta ottima a mio giudizio se si desidera lavorare subito dopo il diploma), bisogna buttarsi a capofitto nello studio e prepararsi approfonditamente sulle materie specifiche di indirizzo, sapendo che al proprio ingresso nel mondo del lavoro si sarà solo all’inizio di un lungo percorso. Arricchire magari il proprio bagaglio di competenze con un corso di lingue intensivo, o excel avanzato, è una carta da giocare e fa emergere un cv rispetto ad un altro. Le esperienze di alternanza scuola lavoro, gli stage curriculari effettuati in azienda, sono dettagli che impreziosiscono un CV, che danno un vantaggio rispetto a chi a tali esperienze ha preferito un progettino teorico in ambito scolastico.
Insomma cosa voglio dire con tutte queste considerazioni: un curriculum base, senza specifiche particolari, senza un’impronta, porterà a poco. Le aziende cercano persone preparate… anche senza esperienza talvolta, ma dal cui CV si evince che hanno una base che li indirizza ad una professione specifica, che potranno crescere in azienda e dare un apporto, sviluppare un potenziale.
Esorto quindi i giovani a studiare, appassionarsi ed impegnarsi nella costruzione di una carriera scolastica propedeutica a quella lavorativa, per far sì che un domani siano loro a scegliere dove posizionare l’asticella delle offerte di lavoro, per farsi cercare dalle aziende e poter scegliere dove lavorare. E le famiglie a spronarli e supportarli in questo, non indirizzandoli a scelte facili e “senza fatica”, perché da lì non si arriva poi a nulla!
Come Amministrazione potremo favorire incontri con professionisti del settore, avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro facilitando visite ed incontri con le realtà produttive e professionali del territorio. Fargli toccare con mano la realtà lavorativa e farli parlare direttamente con gli attori del mondo del lavoro, senza filtri né “sentito dire”!
Alessandra Ferragatta
Consigliere comunale
Candidata per la Lista Civica Impegno per Santhià
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